Traversata Del Brigante


  • 47.7 km

    Distance

  • 970 m

    Elevation Gain

  • 2123 m

    Elevation Loss

  • 2062 m

    Max height

  • 338 m

    Min height

  • Road

  • Equip

  • Skill

  • Effort

Descrizione del percorso



Il brigantaggio può essere identificato con l’istinto delinquenziale di componenti di varie bande o con il desiderio di approfittare delle situazioni di confusione generale per giungere ad un ar¬ricchimento improvviso oppure per dar sfogo a vendette sopi¬te da tempo. Nella Valle Castellana, lungo la linea che marcava i confini fra il Regno delle due Si¬cilie e lo Stato Pontificio, si doveva parlare invece di brigan¬taggio a sfondo politico. Le bande armate si formarono in quelle campagne all’in¬domani del 21 ottobre 1860 quando giunse notizia che con un plebiscito quasi unanime le province napoletane e sicilia¬ne si erano dichiarate soggette alla monarchia costituzionale di Vittorio Emanuele II. Tre giorni più tardi cominciarono a Valle Castellana, una zona i cui abitanti avevano una fede ad¬dirittura fanatica per i Borboni, i primi tumulti suscitati dalla soppressione della Guardia Urbana, sostituita con la Guardia Nazionale di ispirazione chiaramente piemontese. Ai sosteni¬tori del governo borbonico si univano numerosi quelli che erano legati allo Stato Pontificio. Per costoro il nuovo governo non era che un usurpatore, un reggimento di demoni scatenatosi dall’infer¬no contro la religione di Cristo, rappresentata dal Papa. E le prove erano tangibili: soppressione del foro ecclesiastico e tumulazione dei cadaveri fuori dalle chiese. La traversata che mi accingo a descrivere nasce dal desiderio di ripercorrere in parte quegli antichi sentieri e mulattiere, un tempo teatro di scorribande di briganti e che oggi presentano ancora tangibili segni dei tempi che furono. Mi preme precisare che per raggiungere il punto di partenza di questa escursione, ossia il Poggio, sito nei pressi del Monte Comunitore, è necessario munirsi di un mezzo idoneo (es. fuoristrada) per percorrere la scassatissima carrozzabile che da Spelonga sale a Passo il Chino. Lasciata l’auto in prossimità di una sbarra iniziamo a salir su per la parte finale della carrareccia. Prendiamo a dx per una ripida sterrata pedalabile solo con se con fondo asciutto la quale ci porta a Passo il Chino. Da questo punto di osservazione si possono ammirare in tutto il loro splendore sia il Pizzo di Sevo che quella montagna dal nome sinistro che ci apprestiamo a raggiungere: Macera della Morte. Dopo una breve discesa raggiungiamo le Ciocche ovvero una zona boscosa dove una volta ogni tre anni avviene il famoso taglio del tronco d’albero per “La Festa Bella” di Speloga, tronco che verrà portato trionfalmente in paese. Ricominciamo a salire mentre, in bella vista, alle nostre spalle troviamo il Monte Comunitore e più in là il Monte Vettore. Ci addentriamo nel bosco attraversandolo per intero ed uscendo più tardi sulla Costa Piangrano. Ha inizio la lunga ed estenuante ascesa alla vetta di Macera della Morte, una salita dura ma altrettanto panoramica, da condividere con mandrie di buoi al pascolo che scandiscono il tempo a suon di campanacci. Se ci si sposta verso sx, sul crinale montuoso, si può contemplare la selvaggia Valle della Corte dove scorrono le Cascate della Volpara. La traccia, sempre evidente continua verso il Termine, punto di confine tra le regioni di Abruzzo, Marche e Lazio. Noi scegliamo di mantenerci a sx e guadagnare la vetta ambita di Macera della Morte. Quota 2073m, ci siamo. La visuale da quassù è superba. Oltre i Sibillini ed al Pizzo di Sevo adesso sono ben visibili anche Cima Lepri, Pizzo di Moscio, Monte Pelone e la vallata del Rio Castellano. In merito a questa cima si narrano molte storie e leggende. Annibale che pare sia passato di quassù con i suoi elefanti….il ritrovamento di punte di lancia in pietra risalenti a migliaia di anni fa….più di recente, invece, il diffuso fenomeno del brigantaggio con cruente battaglie e decapitazioni senza pietà. Per tale motivo il Cinghiale ha scelto di denominare questa escursione “Traversa del Brigante”, per far ripercorrere, a chi volesse, questi luoghi incantati ed avvolgerli con un velo di mistero. Discesi dalla vetta ci avventuriamo per il Sentiero Italia (assolutamente privo di segnalazioni) e seguiamo la traccia fino a Cima Fonteguidone. Aggiriamo il monte sulla sx e ci riagganciamo alla pista principale che passa per il Monte Cesarotta e per Costa la Tana sino ad arrivare a Prato Lungo. Ivi giunti, anzichè proseguire sulla cresta montuosa verso Colle Pidocchi, abbiamo scelto di affrontare l’entusiasmante discesa nella Foresta di San Gerbone (). Questa famosa parte di tracciato non necessita di alcuna recensione bensì solo di buoni freni ed un pizzico di prudenza. Arrivati alle frazioni di San Giovanni e Collefrattale effettuiamo una breve sosta ricaricandoci d’acqua per affrontare ora la lunga risalita su bitume che ci riporterà a quota mille metri circa. Prendiamo dapprima in direzione Acquasanta e poi per San Gregorio. La risalita non è mai pesante e ci permette agevolmente di raggiungere quest’ultima frazione. Giunti alla piazzetta del paesino ci soffermiamo per un paio di birre presso il circolo “I Briganti di San Gregorio” dove il simpatico gestore ci narra alcune gesta del Brigante Piccioni del quale la storica dimora è sita proprio a due passi dalla piazza.
Ai tempi del brigantaggio, per quelli che si organizzava¬no in bande armate per contrastare le truppe piemontesi e che tutti comunemente chiamavano «briganti», mentre essi stessi si autodefinivano «patriotti»,ci voleva un capo. Fu scel¬to un anziano del posto, forte, robusto, temerario, di profon¬da fede cattolica, non nuovo ad imprese legate alla guerriglia, agli agguati e ad opere banditesche. Piccioni aveva tutte le caratteristiche del capo e soprattutto era dotato di un gran¬de spirito di organizzazione. In poco tempo tutta la monta¬gna fu in armi e dai versanti superiori del Tronto e del Castel¬lano scesero ad arruolarsi i nomadi abituati ad essere uccelli di bosco, che andarono a costituire il Corpo di riserva pontificia. A ciascuno di questi commilitoni fu consegnato un fuci¬le a percussione e corrisposti ventidue scudi romani al mese. I nemici giurati dei briganti erano i componenti la Guardia Nazionale, ma soprattutto le spie del luogo che si erano mes¬se al servizio del nuovo governo. La banda di Giovanni Piccio¬ni, una volta individuata l’abitazione della spia, circondava il casolare e requisiva le pecore, capre ed altro bestiame conside¬rando questo bottino come necessità per il mantenimento del Corpo di riserva. I briganti di Piccioni arrivavano ad atti di violenza solo se veniva opposta resistenza alle loro richieste. Il 23 novembre 1860 fu ucciso però Antonio De Simpliciis, luo¬gotenente della Guardia Nazionale. I briganti vollero che le guardie di parte piemontese assistessero all’uccisione del loro capo al quale fu recisa la testa e consegnata ai suoi compagni atterriti con l’ordine di portarla nella caserma che una volta aveva ospitato la Guardia Urbana di ispirazione borbonica. L’azione del brigantaggio si concluse il 20 marzo 1861 quan¬do il Generale Mezzacapo occupò la fortezza di Civitella del Tronto annullando così l’ultimo baluardo borbonico in Italia.
E così tra una birra gelata e due fette di pane casereccio con olio nostrano restiamo ammaliati dai racconti della gente del posto….ma purtroppo, come dopo ogni nostra dolce sosta, è giunto il tempo di andare e proseguire il lungo cammino che ci porterà fino a Castel Trosino. Restano ancora un paio d’ore di duro viaggio che si snoderà sempre sul crinale montuoso che separa la Valle del Castellano dalla Valle del Tronto. La traccia che ci si appresta a percorrere è piuttosto tecnica ed impegnativa, specie se si hanno alle spalle alcune ore di esplorazione. A Questo punto il Cinghiale, speranzoso d non avervi annoiato, omette ulteriori descrizioni del tracciato rinviando al seguente linke augurando a tutti una buona escursione….sulle orme dei briganti.


CINGHIALE 04/08/2012 Spelonga (AP)


http://itinerari.mtb-forum.it/tours/view/7981

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