Nei boschi del parco... nel parco dei boschi


  • 26.7 km

    Distance

  • 394 m

    Elevation Gain

  • 392 m

    Elevation Loss

  • 294 m

    Max height

  • 99 m

    Min height

  • Road

  • Equip

  • Skill

  • Effort

Descrizione del percorso


“cantando Marzo porta le sue pioggie
la nebbia squarcia il velo
porta le neve sciolta nelle rogge
il riso del disgelo”
(F.Guccini La Canzone dei dodici mesi)
…così in una giornata di sole di un Marzo “impegnativo” parcheggio l’auto a Corte Giarola nei pressi di Collecchio e cuore del “Parco del Taro” e mi appresto ad un bel giro che per buona parte correrà all’interno del “Parco dei Boschi di Carrega”.
La partenza è veramente soft.
Un falso piano asfaltato, di una tranquilla stradina secondaria mi porta a raggiungere una pista ciclabile in sede propria all’ingresso di Collecchio. Poche centinaia di metri, attraverso la statale che va a Fornivo, ed entro in un quartiere industriale nei pressi di una grande azienda. Seguo le indicazioni per il Parco Boschi di Carrega. Un ampio cartello da il benvenuto a chi entra nel parco.
Nei pressi di un ampio parcheggio incontro la segnaletica del percorso di mtb.
Il sole di questi giorni comincia a far sentire i suoi effetti, e qualche tratto di sentiero lo si trova asciutto.
Si comincia con una ripida salitella molto stretta che riesce spesso a mettere in difficoltà i bikers, specialmente se bagnata. Mi accorgo che alle spalle ho un altro ciclista. Alla fine della salita ci fermiamo entrambi a respirare e scambiamo due chiacchiere. E’ già parecchio infangato, e anche stanco. Mi comunica che prenderà presto la via di casa. Peccato un po’ di compagnia mi sarebbe piaciuta. Per un lungo tratto il sentiero corre nel bosco quasi in piano, poi piega improvvisamente a destra e scende rapido fino ad incrociare la strada asfaltata che attraversa il parco.
Fin qui tutto bene, sentiero abbastanza pulito, non troppo fango…si va.
Attraversata la strada la pista corre all’interno di un valloncello in ombra e trovo molto fango.
Nonostante questo si va; la terra fradicia comunque non si attacca alle coperture. Devo scendere solamente per guadare un ruscello e per una secca salita molto bagnata.
Adesso sono su uno stupendo viale ancora ben curato con alberi monumentali, e all’improvviso mi trovo di fronte al “Casino dei Boschi”
Seminascosto da un maestoso viale di cedri, sorge il Casino dei Boschi. Questo magnifico edificio fu fatto costruire tra il 1775 e il 1789 dalla Duchessa Maria Amalia di Borbone, la quale incaricò l'architetto Petitot di attuare i lavori su un preesistente chalet di caccia.
Nel 1819 Maria Luigia d'Austria, nuova Duchessa di Parma, acquistò la villa e la tenuta annessa, alle quali attuò notevoli cambiamenti.
Nel 1870 il Casino dei Boschi ed il Parco passarono dal Demanio Nazionale del Regno d'Italia all'Ing. Grattoni; alla sua morte poi vennero acquistati dagli attuali proprietari, i Principi Carrega.
L'interno della villa non è visitabile.
Veramente sontuoso e bello, questo complesso. Fa contrasto, con la bellezza che colpisce immediatamente l’occhio, lo stato di semiabbandono che traspare ad una osservazione più attenta.
Facendo un po’ di slalom fra le costruzioni, spesso delimitate da nastri bianco-rossi di sicurezza arrivo ad un veloce tratto in discesa che porta alla strada per Sala Baganza . Attraverso e riprendo fuori strada. Il sentiero è un continuo saliscendi (noi diciamo “mangia e bevi”) forse più sali che scendi, ma comunque immerso in una natura che comincia, a malincuore, a risvegliarsi.
Il cinguettare degli uccellini e il battere del picchio accompagnano la pedalata.
Sono nella Faggeta di Maria Amalia.
E' un bosco di alto fusto di circa 2 ha di estensione impiantato nei primi decenni dell''800 nell'ambito degli interventi forestali voluti da Maria Luigia d'Austria .
La faggeta presenta notevole interesse naturalistico e storico-culturale. Il faggio è una specie caratteristica di quote più elevate: gli esemplari presenti nel Parco si sono tuttavia ben adattati al microclima umido e fresco, determinato dalla presenza del Rio Buca Pelosa. Nel sottobosco, alla fine dell'inverno è possibile ammirare le splendide fioriture della flora effimera, ricca di specie dai colori diversi.
All’interno della faggeta si incontra una costruzione diroccata, assalita dal muschio. E’ la Grotta di Maria Amalia.
Grotta di Maria Amalia , bagno campestre voluto dalla Duchessa di Borbone alla fine del '700. Concepito come bagno campestre, era formato da un insieme di vasche e serbatoi alimentati da acque sotterranee e da una grotta sferica rivestita in tufo e pietra spugna. Il bagno è stato restaurato dal Parco nel 1993 e reso accessibile al pubblico con interventi di sistemazione della sentieristica.
Il tracciato ora si fa un attimo più tranquillo e prendo fiato. Di per se il percorso nel bosco non presenta grandi difficoltà tecniche, ma situazioni di molto fango come in questo finire d’inverno,
lo rendono impegnativo e allenante (quel che poi dice la moglie a casa…ma è un altro discorso).
Sorrido intanto che penso a queste sciocchezze, mentre la bici avanza in un tratto di sentiero in leggera discesa.
Ad un tratto qualcosa che si muove in mezzo al sentiero attira la mia attenzione….
E’ un animale, piccolo, ma non troppo….
Guardo meglio, è un piccolissimo cinghiale che grugnendo educatamente avanza verso di me.
Fermo la bici, scendo e lo guardo, lo fotografo intanto che mi viene incontro. La voglia di accarezzarlo è grandissima, ma…..dov’è la sua mamma?
Sicuramente il piccolo si è allontanato dal suo gruppo, ma sono sicuro che il resto della famiglia è nei paraggi. Quindi non mi muovo e cerco di non spaventare il piccolo. Se si impaurisse, sicuramente nel giro di pochi secondi potrebbe arrivare la madre inferocita, e…passerei veramente dei brutti momenti.
Poi il cinghialino, grugnendo delicatamente , scende lungo il bosco e sparisce fra le foglie.
Monto sulla bici e mi allontano rapidamente.
Il sentiero è a tratti scorrevole, a tratti infangato, ma si va bene, in un divertente saliscendi.
Arrivo ad incrociare la strada che porta a Talignano. Il percorso segnalato mi porterebbe ad inoltrarmi ulteriormente nel bosco per riportarmi al punto di partenza. Ma le mie intenzioni sono ben diverse.
Giro la mtb verso Talignano, e salgo su verso la Pieve romanica dove giungo pochi minuti dopo.

La Pieve, tipico esempio dell’architettura Romanica, risale al XIII secolo. A pianta rettangolare, ha un’unica abside semicircolare sul fondo e un campanile quadrato sul lato sinistro; sono caratteristiche dello stile Romanico la facciata a capanna, il bassorilievo della Psicostasi che arricchisce la lunetta del portale e la bifora che lo sovrasta. Il bassorilievo è attribuito alla scuola “rurale” degli Antelami: vi è raffigurato S. Michele che disputa contro Satana sulle anime e sui loro meriti.
La chiesa, eretta dai Monaci cistercensi della Rocchetta, è dedicata a San Biagio Vescovo e Martire. La Pieve è stata edificata lungo una delle principali vie del pellegrinaggio medievale: la strada Romea. Un tradizione vuole che, proprio a Talignano (allora Taloniano), la Via Romea (o francigena) avesse una deviazione utilizzata per le stagioni piovose: da Collecchio, dopo il passaggio sullo Scodogna, saliva successivamente verso Segalara per proseguire lungo il crinale, verso Ozzano Taro.
Ed è proprio verso la Segalara che sono diretto.
Dopo una prima salita in asfalto scendo per sentiero e poi per strada bianca e risalgo ancora per asfalto, seguendo dal crinale il corso del Taro sottostante.
La giornata è piacevolmente soleggiata e la visibilità ottima. Pedalando, mi godo la bella sensazione del sole sulla schiena.
Poi, una bella e veloce picchiata su Ozzano Taro.
Ora mi dirigo verso il greto passando per la località di Qualatula.
Questa località è importante perché ci si svolse una famosa e sanguinosa battaglia

La Battaglia di Fornovo ebbe luogo il 6 luglio 1495 durante le Guerre Italiane. In essa si affrontarono l'esercito di Carlo VIII di Francia - composto da francesi, mercenari svizzeri e un nutrito contingente di italiani - e quello della Lega Antifrancese - formato dagli eserciti di Milano e Venezia, per la gran parte composti di mercenari, italiani, dalmati, greci e tedeschi, ma anche da alcune unità di leva. Lo scontro, breve (circa un'ora) ma sanguinoso (complessivamente circa tremila morti), ebbe un risultato incerto.
Ecco l'esito della battaglia secondo Torquato Tasso:(una citazione illustre sta sempre bene, nota anche la ricerca della citazione da parte del tasso nella frase qual sanguigno il Taro
correr fece di spoglie e d'armi pieno, che ricorda il dantesco "lo strazio e il grande scempio che fece l'Arbia colorata in rosso" la battaglia di Montaperti)
[Per il marchese Francesco Gonzaga e la battaglia al Taro]


http://itinerari.mtb-forum.it/tours/view/6301

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